Insights CIO View November 25, 2024

PERSPECTIVES - Outlook Macro e di Mercato 4/24 - quarto trimestre

MACRO: Su percorsi differenti | OBBLIGAZIONARIO: Ancora rendimento potenziale | AZIONARIO: Prospettive positive per il 2025 ma con volatilità

Nel quarto numero della nostra pubblicazione trimestrale PERSPECTIVES, forniamo un aggiornamento della nostra view economica anche in termini di asset class per il resto del 2024 e 2025.

PERSPECTIVES-OUTLOOK-MACRO-E-DI-MERCATO-4-2024-ARTICOLO

Macro: Su percorsi differenti


  • Crescita economica: robusta in US, più debole in Eurozona
  • Inflazione: resiliente in US, tornata al target in Eurozona
  • Tagli dei tassi: approccio cauto da parte della Fed, la BCE in soccorso alla crescita 

L‘economia degli Stati Uniti rimane su un percorso di crescita robusto, trainata dalla domanda interna e dai guadagni di produttività. Il mercato del lavoro si è normalizzato senza segnali di recessione, nonostante l‘attività industriale sia calata. Prevediamo che il PIL degli Stati Uniti si attesti in media al 2,7% nel 2024 e al 2,0% nel 2025. La vittoria dei Repubblicani rende più probabili dei tagli alle tasse, deregolamentazione, spesa in deficit e dazi all’importazione più elevati. Man mano che le misure fiscali si trasferiranno all‘economia, la crescita del PIL dovrebbe migliorare e salire al 2,2% nel 2026. 

L‘inflazione ha continuato a diminuire nel corso dell‘anno. Questo ha permesso alla Fed di iniziare il proprio ciclo di allentamento monetario. Tuttavia, il processo di disinflazione sarà verosimilmente lento. La domanda rimane robusta, il debito pubblico è in aumento e dazi alle importazioni saranno più elevati. Di conseguenza, ci aspettiamo che l‘inflazione rimanga stabile, leggermente al di sopra dell‘obiettivo della Fed, al 2,4% sia nel 2025 che nel 2026.

Questo dovrebbe portare la Fed a proseguire con cautela il ciclo di tagli dei tassi di interesse. Prevediamo altri tre tagli entro la fine del 2025, portando il tasso sui Fed Funds al 3,75-4,00%. 

L‘economia dell‘Eurozona si sta riprendendo a ritmo lento, principalmente a causa della produttività bassa che limita la crescita potenziale. Mentre i Paesi periferici come Spagna e Italia stanno evidenziando una crescita superiore alla media, Germania e Francia stanno affrontando il rischio di una stagnazione. Guardando avanti, il mercato del lavoro nel suo complesso solido e l‘aumento dei salari reali dovrebbero essere di supporto, ma le tariffe più elevate degli Stati Uniti e il conflitto commerciale in deterioramento tra gli Stati Uniti e la Cina potrebbero frenare la ripresa. Ci aspettiamo che la crescita del PIL acceleri solo leggermente allo 0,9% nel 2025. 

Nel 2024, le pressioni sui prezzi sono diminuite dai livelli elevati precedenti a causa dell‘attività economica contenuta e della discesa dei costi dell’energia. Ci aspettiamo che l‘inflazione rallenti gradualmente verso l‘obiettivo del 2% della BCE nel 2025. La BCE, pertanto, potrebbe intervenire per favorire la crescita. Ci aspettiamo che la BCE continui il suo ciclo di allentamento con cinque tagli, riducendo il tasso di deposito dall‘attuale 3,25% al 2,00% entro la fine del 2025. 

In Giappone, la crescita salariale più forte degli ultimi 30 anni ha stimolato i consumi privati, gettando le basi per un proseguimento della ripresa economica nel 2025, quando ci aspettiamo che la crescita del PIL si attesti in media all‘1,2%. La svalutazione della valuta domestica e la solida domanda interna hanno aumentato le pressioni sui prezzi mentre l‘economia in ripresa dovrebbe stabilizzare l‘inflazione al 2,0% nel 2025. Questo dovrebbe consentire alla BoJ di normalizzare ulteriormente la politica monetaria, aumentando gradualmente il tasso di riferimento dallo 0,25% all‘1,00% entro la fine del 2025. 

La crescita in Cina ha perso slancio durante l‘anno, complici la crisi dell’immobiliare in corso e le prospettive incerte sul reddito e occupazione che hanno affievolito il sentiment nel settore privato. È necessario un forte stimolo anticiclico per fornire un impulso duraturo alle dinamiche dei prezzi e alla domanda interna. Inoltre, un‘escalation delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti potrebbe pesare sulla dinamica delle esportazioni. Di conseguenza, prevediamo che la crescita del PIL rallenti ulteriormente al 4,2% nel 2025 e che l‘inflazione rimanga contenuta all‘1,3%.

Obbligazionario: Ancora rendimento potenziale


  • La tesi di “higher for longer” sui rendimenti rimane intatta in US
  • I rendimenti europei non hanno il supporto dell’economia
  • Gli spread societari sono ai minimi da decenni

La continua robustezza dell‘economia statunitense, insieme alla prospettiva di politiche pro-crescita della prossima amministrazione hanno portato ad un leggero aumento delle aspettative di inflazione. Come risultato, i rendimenti a lungo termine sono aumentati di recente. Una potenziale riaccelerazione della crescita supportata da un’espansione fiscale e l‘impatto inflazionistico dei dazi limiterebbero l‘allentamento della politica monetaria e potrebbero spingere il premio a termine su valori più elevati. Pertanto, ci aspettiamo che i rendimenti dei Treasury rimangano alti, con la possibilità di superare momentaneamente i livelli attuali dal momento che i “bond vigilantes” rimangono attivi (dicembre 2025, obiettivo rendimento a 10 anni: 4,50%; obiettivo rendimento a 2 anni: 4,20%). 

Grazie ai progressi significativi nella lotta all‘inflazione, la BCE è riuscita a ridurre il tasso sui depositi tre volte finora. Data la crescita economica poco entusiasmante della regione, dovrebbero seguire ulteriori tagli dei tassi, con un ciclo di riduzione previsto molto più intenso rispetto agli Stati Uniti. Tuttavia, la possibilità di un aumento della spesa pubblica all‘interno del quadro dell‘UE dovrebbe compensare la pressione sui rendimenti dei Bund e tenerli su livelli sostenuti (dicembre 2025, obiettivo rendimento a 10 anni: 2,20%; obiettivo rendimento a 2 anni: 1,75%). 

Lo spread dell’Italia rispetto al Bund rimane compresso. Le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito sono diminuite. Anche la stabilità politica ha contribuito alla sua compressione e l‘economia sta andando meglio rispetto ai suoi omologhi dell‘Europa occidentale.

Ci aspettiamo quindi solo un lieve allargamento dello spread, dovuto principalmente alle valutazioni attuali elevate. 

Il credito investment grade (IG) ha goduto di una forte domanda istituzionale e di flussi da parte dei fondi.

Sebbene ci aspettiamo che la domanda di credito rimanga forte grazie ai rendimenti complessivi interessanti per gli investitori, non vediamo un ulteriore potenziale di restringimento degli spread. Negli Stati Uniti, sono vicini ai loro livelli più bassi dal 1998, mentre gli spread IG in EUR non sono lontani dai minimi post Grande Crisi Finanziaria. Pertanto, partendo da queste valutazioni elevate è possibile si verifichi un allargamento benigno degli spread. 

I livelli di rendimento attraenti, insieme ad una diminuzione dei timori di una recessione, hanno sostenuto la domanda di credito high yield (HY). Gli spread si sono quindi ridotti nonostante l‘offerta sia stata consistente. Come nel mercato IG, gli spread HY negli Stati Uniti sono vicini ai loro livelli più bassi degli ultimi 26 anni. Anche gli spread HY in EUR si trovano su livelli molto bassi nonostante la debolezza in settori dell’economia rilevanti a livello regionale come quello automobilistico. Dato che i tassi di default sono ancora a livelli meritevoli di attenzione, gli spread di oggi non riflettono i rischi sottostanti e, quindi, dovrebbero allargarsi durante l’orizzonte di previsione. 

Nel corso del 2024, il debito sovrano in valuta forte dei mercati emergenti (EM) ha registrato un notevole calo degli spread. Sebbene questi livelli possano persistere grazie allo scenario di Goldilocks per l’economia globale, rimaniamo cauti. Al momento, gli spread offrono pochissimo margine contro eventuali rischi derivanti da un contesto protezionista in materia di commercio internazionale, tassi statunitensi potenzialmente più alti e un USD più forte. Per il credito dell‘Asia Pacifico, riteniamo che ci sia spazio per un restringimento marginale degli spread, dato che i tassi di default delle imprese rimangono stabili. Il carry rimane un elemento attraente in questi mercati.

Azionario: Prospettive positive per il 2025 ma con volatilità


  • Possibili tagli alle tasse e deregolamentazione: l’azionario degli Stati Uniti dovrebbe beneficarne
  • I settori esposti alla crescita sono quelli posizionati meglio per attrarre flussi dagli investitori
  • È possibile si manifesti una certa volatilità considerati i cambiamenti politici

Il 2024 si è rivelato un altro anno solido per le azioni, con i mercati azionari dei paesi sviluppati (MSCI World) che hanno registrato guadagni di quasi il 20% dall‘inizio dell‘anno. I forti utili hanno fornito la base di questa crescita, mentre le probabilità ridotte di una recessione e i tagli dei tassi di interesse da parte della Fed hanno sostenuto il sentiment per le azioni in generale.

 Questa straordinaria performance del mercato azionario è stata guidata dagli Stati Uniti, dove l‘S&P 500 ha continuato a segnare un record dopo l‘altro. Con possibili tagli fiscali e un allentamento della regolamentazione all‘orizzonte, le prospettive per le azioni statunitensi rimangono positive.

Le misure di sostegno alla crescita indicate dalla nuova amministrazione statunitense mantengono la nostra preferenza verso i settori che ne beneficiano, come IT, servizi al consumo, beni di consumo discrezionali, finanziari e quello sanitario. Con una crescita degli utili prevista di quasi il 47%, anche le small cap dovrebbero registrare buoni rendimenti, insieme alle loro controparti large cap. Prevediamo che l‘S&P 500 raggiunga i 6.500 punti entro la fine del 2025.

 In Europa, lo STOXX Europe 600 ha registrato una crescita degli utili inferiore all‘S&P 500. Le preoccupazioni per la crescita cinese, la debolezza del settore automobilistico e l‘incertezza politica, soprattutto in Francia e Germania, hanno pesato sulle performance e aumentato lo sconto di valutazione dello STOXX Europe 600 rispetto all‘S&P 500 a quasi il 38%. Guardando avanti, ci aspettiamo una crescita degli utili a singola cifra ma elevata che, insieme a valutazioni basse, dovrebbe offrire prospettive di rendimento discrete. Il settore finanziario, industriale e sanitario sono quelli che preferiamo. Ci aspettiamo che lo STOXX Europe 600 raggiunga i 525 punti entro la fine del 2025. 

Nei mercati emergenti, rimaniamo positivi sull‘Asia data l‘aspettativa di una crescita a doppia cifra degli utili per azione. Sebbene l‘India attualmente sembri costosa in termini di valutazioni, la consideriamo la prossima frontiera della crescita. Quindi, tenderemo a comprare nelle fasi di ribasso. Le aziende del Nord Asia offrono anche una esposizione rilevante al tema dell‘intelligenza artificiale.

Ma un possibile rafforzamento del dollaro USA potrebbe rappresentare un ostacolo per gli utili della regione. 

Sebbene ci aspettiamo rendimenti interessanti dai mercati azionari lungo l’orizzonte di previsione, è necessaria una nota di cautela. L‘incertezza globale è alta e quindi ci si dovrebbe aspettare volatilità. I dazi, e più importante ancora, la reazione delle nazioni soggette a tali dazi avranno ripercussioni sull‘inflazione, sul commercio globale e sulla crescita – e quindi sui mercati azionari. In Europa, anche il contesto politico e le sue implicazioni in materia fiscale saranno attentamente monitorati, specialmente per i mercati azionari europei.

Materie prime: Un quadro variegato


  • Il petrolio nel mirino di geopolitica e incertezza sulla domanda
  • Tre fattori a supporto dell’oro: copertura, investitori al dettaglio e Banche Centrali
  • Il rame ha bisogno di un cambio di sentiment

 I prezzi del petrolio hanno registrato forti oscillazioni di recente. Le preoccupazioni del mercato spaziano dal conflitto in Medio Oriente al contesto di una domanda debole. I recenti annunci di stimoli da parte della Cina non hanno fermato le preoccupazioni sulla la domanda di petrolio del Paese, mentre la forte offerta non-OPEC+, grazie alla produzione record degli Stati Uniti, ha aumentato l‘apprensione. Da parte sua, l‘OPEC+ ha posticipato per la seconda volta l‘aumento della produzione pianificato nel tentativo di sostenere i prezzi. Ci aspettiamo che l‘OPEC+ continui a fornire il suo supporto, almeno periodicamente, per prevenire un calo significativo dei prezzi. Per quanto riguarda l’impatto della prossima amministrazione degli Stati Uniti, ci si dovrebbe aspettare volatilità nei prezzi del greggio. Da un lato, ci sono rischi al ribasso per l‘offerta iraniana. Dall‘altro, i dazi statunitensi potrebbero pesare sulla crescita della domanda di petrolio non statunitense.

Nel complesso, riteniamo che i prezzi del petrolio riflettano adeguatamente questi rischi. Ma le preoccupazioni geopolitiche potrebbero potenzialmente aumentare i prezzi (obiettivo Brent dicembre 2025: 69 USD/barile). 

Le emissioni del settore energetico europeo sono diminuite del 17% dall‘inizio dell‘anno grazie all‘aumento della generazione di energia da fonti non fossili. Al contrario, l‘offerta di quote è aumentata del 5%. Sebbene i prezzi possano rimanere contenuti nel breve termine, ci aspettiamo che inizino gradualmente a salire quando le compagnie di spedizione inizieranno a cedere le quote per una parte delle loro emissioni a partire dal prossimo anno. Inoltre, gli investitori guardano al 2026, quando terminerà l‘allocazione gratuita per l‘aviazione e i settori coperti dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere vedranno la loro allocazione gratuita gradualmente eliminata. 

Il prezzo dell‘oro era salito da un record all‘altro prima della fine di ottobre. Gli investitori istituzionali l‘avevano acquistato in vista delle elezioni statunitensi come bene rifugio. Tuttavia, con il risultato elettorale chiarito rapidamente e i rendimenti statunitensi e il dollaro USA in aumento, c‘è stata una forte presa di profitto sul metallo prezioso. La prospettiva di una politica fiscale espansiva negli Stati Uniti e un aumento dei dazi sulle importazioni negli Stati Uniti lasciano trasparire dei rischi di inflazione crescenti. Di recente, molti investitori istituzionali e al dettaglio hanno acquistato l’oro anche in vista di debiti governativi in rapido aumento. È probabile che le Banche Centrali continuino ad acquistare oro per le proprie riserve supportate da motivi di diversificazione. Questo dovrebbe più che compensare il calo delle vendite nell‘industria della gioielleria. Il contesto attuale suggerisce un possibile aumento dei prezzi nel medio termine (obiettivo oro dicembre 2025: 2.800 USD/oncia). 

Il sentiment sulla domanda cinese rimane un ostacolo per i prezzi del rame. Ma gli indicatori della domanda fisica sottostante rimangono forti dato che la spesa per la rete elettrica è superiore al consueto trend. Le installazioni di capacità solare ed eolica sono aumentate rispettivamente del 45% e del 18% su base annua a settembre. La domanda “apparente” di rame (la produzione raffinata più importazioni nette meno variazione delle scorte) è anch‘essa migliorata da giugno. Un flusso continuo di misure di stimolo dovrebbe proteggere la domanda fisica. D‘altra parte, l‘offerta è probabilmente sotto pressione a causa del calo della qualità del minerale (obiettivo rame dicembre 2025: 9.850 USD/tonnellata).

Tassi di cambio: La forza del dollaro


  • L’esito delle elezioni statunitensi ha prodotto un rafforzamento del USD
  • Il JPY dovrebbe apprezzarsi marginalmente grazie al differenziale sui tassi di interesse più favorevole
  • Il CNY potrebbe soffrire se le tensioni commerciali con gli USA si intensificano 

 Se alla fine di settembre l‘EUR era salito ad un massimo di 13 mesi contro il USD, la situazione è cambiata notevolmente nel mese di ottobre in contemporanea con l‘aumento delle aspettative di una nuova presidenza di Donald Trump e soprattutto dopo l’esito delle elezioni di inizio novembre. Le dichiarazioni durante la campagna elettorale di Trump riguardo ai tagli fiscali e ad un futuro inasprimento della politica di dazi degli Stati Uniti, se attuate, comporterebbero il rischio di un nuovo aumento dell‘inflazione. Nei mercati swap, quindi, alcuni tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve sono stati rimossi, e i rendimenti dei titoli di stato statunitensi hanno continuato a salire. 

I paesi dell’area euro, d‘altra parte, soffrirebbero di un regime di dazi statunitense più severo, e difficilmente riuscirebbero a tenere il passo con il dinamismo economico degli Stati Uniti in futuro. Nuovi potenziali aumenti nel differenziale di tasso di interesse e rendimento dovrebbero rappresentare un ostacolo per l‘EUR, motivo per cui ci aspettiamo che arrivi a EUR/USD 1,02 a dicembre 2025. 

Il ciclo di tagli dei tassi della BoE potrebbe essere più lento rispetto a quello della Fed. L‘inflazione headline è già scesa sotto il 2%, ma si prevede che aumenti di nuovo nei mesi invernali, quanto meno a causa degli aggiustamenti ai tetti dei prezzi dell‘energia di OFGEM. L‘inflazione core, nei servizi e la crescita media dei salari rimangono elevate. È improbabile che il Regno Unito sia direttamente influenzato dalla politica tariffaria degli Stati Uniti come la zona euro. Pertanto, è probabile che la GBP affronti una fase laterale caratterizzata comunque da una certa volatilità rispetto all‘USD. Prevediamo il GBP/USD a 1,25 alla fine del 2025.

La crescita del Giappone dovrebbe essere forte, sostenuta da consumi privati robusti. Gli aumenti salariali hanno alimentato l‘ottimismo per un ciclo virtuoso tra salari e inflazione, rafforzando la fiducia della BoJ nella normalizzazione della politica monetaria. Prevediamo che la BoJ riprenda la sua graduale normalizzazione politica con aumenti dei tassi nel 2025. Questo, insieme al ritmo dei tagli dei tassi della Federal Reserve, probabilmente influenzerà l‘apprezzamento dello JPY. In caso di una rivalutazione dei tagli dei tassi della Fed verso un ciclo di allentamento monetario contenuto è probabile che il divario tra i tassi di interesse statunitensi e giapponesi rimanga ampio, limitando lo spazio di apprezzamento dello JPY. Ma i percorsi divergenti della Fed e della BoJ dovrebbero ridurre i differenziali di tasso di interesse attuali tra gli Stati Uniti e il Giappone, portando a un graduale apprezzamento dello JPY rispetto all‘USD. Prevediamo quindi un tasso USD/JPY di 145 alla fine del 2025. 

Le problematiche strutturali, soprattutto nel settore immobiliare, continuano a pesare sull‘economia cinese.

La Cina ha quindi annunciato una serie di misure di politica monetaria e fiscale nelle ultime settimane, volte a garantire maggior dinamismo allo sviluppo economico. Tuttavia, recentemente i mercati finanziari sono stati alquanto disillusi, il che si è riflesso in una moderata svalutazione del CNY. La pressione sul CNY è stata inoltre aumentata dai risultati delle elezioni statunitensi. La minaccia dei dazi statunitensi potrebbe contrastare l‘effetto degli stimoli sopra menzionati. Inoltre, i differenziali di rendimento sono recentemente aumentati di nuovo e l‘inflazione rimane una questione irrilevante in Cina. Ci aspettiamo venti contrari per il CNY e che il tasso USD/CNY si attesti a 7,45 a dicembre 2025.

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