L’e-commerce chiede aiuto all’economia circolare. Ecco perché deve riorganizzarsi in ottica green
Il boom di vendite online durante la pandemia aveva portato a credere che la tendenza a preferire il canale virtuale a quello fisico sarebbe rimasta, anche a emergenza conclusa. Invece, i dati più recenti mostrano una contrazione, anche in Italia. Per questo i colossi dello shopping da remoto stanno iniziando a modificare parzialmente il loro business, soprattutto in ottica sostenibile, per continuare a garantire il successo degli ultimi anni. Tra gli aspetti più critici da rivoluzionare ci sono packaging e logistica.
Le vendite online, dopo il boom durante la pandemia, quando era praticamente impossibile fare shopping nei negozi fisici, stanno iniziando a registrare in Italia un rallentamento. Secondo i dati forniti da Netcomm (il Consorzio del Commercio Digitale Italiano), infatti, per quanto riguarda i soli prodotti (e non anche i servizi), dopo il +47% del 2020 e il + 18% del 2021, nell’anno in corso è stato segnato un aumento più contenuto, dell’8%.
Sembra quindi che le previsioni di analisti e aziende, secondo le quali la spesa da remoto sarebbe diventata un’abitudine consolidata mettendo in difficoltà gli store fisici, non si siano rivelate del tutto in linea con le esigenze e le scelte dei consumatori, sia in Italia sia a livello internazionale. Basti pensare che anche un colosso come Amazon, nel trimestre degli acquisti per il Natale 2022, prevede vendite decisamente più basse delle aspettative.
Analizzando le ultime iniziative e le strategie delle società attive nel commercio elettronico emerge, così, la volontà di trasformarsi per continuare ad avere successo. Soprattutto evolvendo verso una dimensione green in grado di dare un nuovo valore ai brand e di intercettare quei clienti sempre più attenti alla sostenibilità.
Se l’impatto in termini di emissioni di CO2 risulta più basso rispetto a quello generato dai negozi fisici è, infatti, importante sottolineare come anche lo shopping online debba ricorrere a pratiche sostenibili, ad esempio in termini di economia circolare, per abbattere gli sprechi.
Packaging e logistica più sostenibili
Uno degli aspetti più critici è, sicuramente, l’utilizzo di packaging in cartone e plastica che hanno un forte impatto ambientale. Così, alcuni importanti brand hanno iniziato a sostituire gli imballaggi tradizionali con soluzioni riutilizzabili o provenienti già da materiali di recupero. Altri optano per lasciare la scelta al cliente: pagando qualche euro in più si può ottenere una borsa o una scatola da utilizzare per la spesa o per altre spedizioni, da conservare anziché buttare subito dopo l’apertura.
Anche la logistica impatta significativamente. Per questo motivo si sente sempre più spesso parlare di Reverse Logistics. Nella versione più tradizionale si tratta delle attività di gestione di tutto il processo dei resi. Le grandi aziende hanno per anni puntato su restituzioni facili, veloci e soprattutto gratuite. Ma questa politica sta diventando ormai insostenibile, dal punto di vista sia finanziario (c’è chi compra compulsivamente per poi restituire dopo pochi giorni la maggior parte degli acquisti, con importanti esborsi da parte dell’azienda), sia - soprattutto - ambientale.
Ecco, quindi, che questa “logistica inversa” viene ripensata per incentivare il riuso e ridurre gli sprechi. Nell’e-commerce, quindi, è possibile offrire una garanzia come parte del processo di logistica inversa. Questo incoraggerà i clienti a restituire i prodotti, che potranno essere rivenduti o riciclati. Sono già numerosi, ad esempio, i casi di aziende di abbigliamento che invitano a consegnare vecchi abiti che possono essere in tutto o in parte riutilizzati, a fronte di una piccola somma o uno sconto corrisposto al cliente. In altri casi il prodotto può essere inviato a un centro di riciclaggio o riutilizzato come materia prima. Ma attenzione: la necessità di affrontare una economia circolare e un tipo di logistica che rispetti l’ambiente richiede anche un aggiornamento dei sistemi informatici in modo da riflettere il nuovo processo.
Disclaimer Tutti i diritti riservati. Gli articoli, i materiali, i contenuti ed i servizi presenti sulle pagine web raggiungibili da questo indirizzo https://www.deutsche-bank.it/news/detail/dbmagazine sono destinati ad un utilizzo personale e non professionale e non possono essere copiati, trasmessi, pubblicati, distribuiti o sfruttati commercialmente senza l’esplicito consenso scritto del Gruppo Deutsche Bank S.p.A.. Tutti i materiali pubblicati, inclusi a titolo esemplificativo, articoli di informazione, fotografie, immagini, illustrazioni, sono protetti dalle leggi sul diritto d’autore e sono di proprietà dell’editore o di chi legittimamente disponga dei diritti relativi. Le informazioni contenute nel presente documento si basano su fonti ritenute attendibili: tuttavia il Gruppo Deutsche Bank S.p.A. non ha effettuato una verifica indipendente relativa a tali informazioni e declina ogni responsabilità a riguardo. Conseguentemente, nessuna garanzia, espressa o implicita, è fornita, né alcun affidamento può essere fatto riguardo alla precisione, completezza o correttezza delle informazioni e delle opinioni contenute in questo documento. Gli articoli, le ricerche e gli studi pubblicati rappresentano esclusivamente le opinioni e i punti di vista dei relativi autori: esse non riflettono necessariamente le opinioni di Deutsche Bank S.p.A. né di qualsiasi società controllata o consociata del Gruppo Deutsche Bank S.p.A.. Né l’autore né il Gruppo Deutsche Bank S.p.A. possono essere ritenuti responsabili per danni derivanti dall’utilizzo della presente pubblicazione, tranne per quanto è previsto dalla normativa applicabile. Il Gruppo Deutsche Bank S.p.A cercherà in tutti i modi di evitare la pubblicazione di informazioni erronee ed affermazioni che possano in alcun modo essere considerate lesive di diritti di terzi. Le informazioni riportate hanno solo uno scopo informativo, non sono da intendersi, interpretarsi o considerarsi in alcun modo come messaggio promozionale ovvero offerte di vendita o sollecitazioni a sottoscrivere, invito ad acquistare o vendere o come raccomandazione ad acquistare o collocare qualsiasi tipo di strumento finanziario, nè come giudizi da parte del Gruppo Deutsche Bank S.p.A. sull’opportunità dell’investimento in alcuno dei prodotti illustrati, o ricerca in materia di investimenti, né tantomeno costituiscono una raccomandazione ad eseguire alcun tipo di operazione. Quanto ad eventuali richiami di natura fiscale qui contenuti, va rilevato che i livelli e le basi di tassazione a cui fanno riferimento gli articoli pubblicati sono suscettibili di cambiamenti rispetto alla data di pubblicazione e possono incidere sul valore dell’investimento; il Gruppo Deutsche Bank S.p.A. non ha l'obbligo di mantenere aggiornate queste informazioni, né tantomeno di aggiornarle. La distribuzione di questo documento in altre giurisdizioni può essere soggetta a restrizioni e pertanto le persone alle quali dovesse pervenire tale documento si dovranno informare sull’esistenza di tali restrizioni ed osservarle. Ulteriori informazioni sono disponibili su richiesta.
Il boom di vendite online durante la pandemia aveva portato a credere che la tendenza a preferire il canale virtuale a quello fisico sarebbe rimasta, anche a emergenza conclusa. Invece, i dati più recenti mostrano una contrazione, anche in Italia. Per questo i colossi dello shopping da remoto stanno iniziando a modificare parzialmente il loro business, soprattutto in ottica sostenibile, per continuare a garantire il successo degli ultimi anni. Tra gli aspetti più critici da rivoluzionare ci sono packaging e logistica.
Le vendite online, dopo il boom durante la pandemia, quando era praticamente impossibile fare shopping nei negozi fisici, stanno iniziando a registrare in Italia un rallentamento. Secondo i dati forniti da Netcomm (il Consorzio del Commercio Digitale Italiano), infatti, per quanto riguarda i soli prodotti (e non anche i servizi), dopo il +47% del 2020 e il + 18% del 2021, nell’anno in corso è stato segnato un aumento più contenuto, dell’8%.
Sembra quindi che le previsioni di analisti e aziende, secondo le quali la spesa da remoto sarebbe diventata un’abitudine consolidata mettendo in difficoltà gli store fisici, non si siano rivelate del tutto in linea con le esigenze e le scelte dei consumatori, sia in Italia sia a livello internazionale. Basti pensare che anche un colosso come Amazon, nel trimestre degli acquisti per il Natale 2022, prevede vendite decisamente più basse delle aspettative.
Analizzando le ultime iniziative e le strategie delle società attive nel commercio elettronico emerge, così, la volontà di trasformarsi per continuare ad avere successo. Soprattutto evolvendo verso una dimensione green in grado di dare un nuovo valore ai brand e di intercettare quei clienti sempre più attenti alla sostenibilità.
Se l’impatto in termini di emissioni di CO2 risulta più basso rispetto a quello generato dai negozi fisici è, infatti, importante sottolineare come anche lo shopping online debba ricorrere a pratiche sostenibili, ad esempio in termini di economia circolare, per abbattere gli sprechi.
Packaging e logistica più sostenibili
Uno degli aspetti più critici è, sicuramente, l’utilizzo di packaging in cartone e plastica che hanno un forte impatto ambientale. Così, alcuni importanti brand hanno iniziato a sostituire gli imballaggi tradizionali con soluzioni riutilizzabili o provenienti già da materiali di recupero. Altri optano per lasciare la scelta al cliente: pagando qualche euro in più si può ottenere una borsa o una scatola da utilizzare per la spesa o per altre spedizioni, da conservare anziché buttare subito dopo l’apertura.
Anche la logistica impatta significativamente. Per questo motivo si sente sempre più spesso parlare di Reverse Logistics. Nella versione più tradizionale si tratta delle attività di gestione di tutto il processo dei resi. Le grandi aziende hanno per anni puntato su restituzioni facili, veloci e soprattutto gratuite. Ma questa politica sta diventando ormai insostenibile, dal punto di vista sia finanziario (c’è chi compra compulsivamente per poi restituire dopo pochi giorni la maggior parte degli acquisti, con importanti esborsi da parte dell’azienda), sia - soprattutto - ambientale.
Ecco, quindi, che questa “logistica inversa” viene ripensata per incentivare il riuso e ridurre gli sprechi. Nell’e-commerce, quindi, è possibile offrire una garanzia come parte del processo di logistica inversa. Questo incoraggerà i clienti a restituire i prodotti, che potranno essere rivenduti o riciclati. Sono già numerosi, ad esempio, i casi di aziende di abbigliamento che invitano a consegnare vecchi abiti che possono essere in tutto o in parte riutilizzati, a fronte di una piccola somma o uno sconto corrisposto al cliente. In altri casi il prodotto può essere inviato a un centro di riciclaggio o riutilizzato come materia prima. Ma attenzione: la necessità di affrontare una economia circolare e un tipo di logistica che rispetti l’ambiente richiede anche un aggiornamento dei sistemi informatici in modo da riflettere il nuovo processo.
A cura di OFNetwork
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